JomPage - Travel Experience
Capitol Reef National Park, Utah - USA
United States of America flag Utah | USA

Capitol Reef
National Park

 
Latitude - 38° 17' N
Longitude - 111° 15' W
 

"Niente può cancellare il ricordo del cammino percorso"

Ruben Blades
   
August 2002 - september 2006

La grande muraglia americana

soundtrack: Fortunate Son, Creedence Clearwater Revival - 1969
 

Chapter

Oggi, raggiungendo la cittadina di Torrey nello Utah, concludo il pellegrinaggio sulla highway 12. Alla fine sono stati tre giorni costellati di paesaggi, escursioni e anche avventure inaspettate; questa strada rappresenta davvero qualcosa di magico, un po’ come lo possono essere la Route 66 o la Route One sulla costa californiana. Siamo ancora provati dalla decina di km percorsi a Calf Creek, alla ricerca delle sue lower falls, ma ne è valsa la pena. Ammirare una cascata che crea un piccolo paradiso in fondo ad un canyon in una landa desolata è qualcosa di unico, un vero elisir di lunga vita. La Hwy Utah 12 ora comincia a serpeggiare sulla cima di un’alta mesa, mettendo in risalto la fitta rete di canyon tra cui solo adesso è facile individuare quello di Calf Creek. Una paesaggio meraviglioso, caratterizzato da badlands di color rosso – crema; il veloce passaggio delle nuvole altera i colori a terra rendendo le poche aree verdi ancora più cupe; davvero uno spettacolo unico. In poco tempo raggiungiamo Boulder e le sue fattorie, un piccolo paese ben tenuto incastonato tra le rosse colline dello Utah. Da questo punto ci sarebbe da percorrere il Burr Trail, chiamato anche Boulder – Bullfrog Scenic Road che porta all’estremità est del Lake Powell. La frenesia e la voglia di vedere mi porterebbe a percorrere ogni miglio del south west, ma devo proseguire verso Torrey se non voglio perdermi il tramonto su Capitol Reef. La strada gradualmente comincia a perdere i connotati classici del south west, cioè canyon e rocce rosse ai lati, per sfumare in pieno panorama montano. Immense pinete iniziano a puntellare il paesaggio, mentre rapidi tornanti ci fanno salire di quota. Un paio di bellissimi viewpoint ci lasciano ammirare in lontananza Capitol Reef in tutta la sua imponenza; poi lo stranissimo waterpocket fold che assomiglia maggiormente al dorso di un dinosauro invece che ad un lungo crinale. Il tragitto è veramente molto bello, anche se stiamo mettendo a dura prova il nostro fisico; un paio d’ore fa camminavamo sul fondo di un canyon con quaranta gradi, mentre ora dobbiamo metterci la felpa visto che dai vistapoint sulle sommità di Boulder l’aria è realmente frizzante. Finalmente il cartello dei confini cittadini di Torrey giunge come la salvezza; non vedo l’ora di mollare l’auto e riposarmi un poco. Siamo al decimo giorno di viaggio e, finita l’adrenalina iniziale, comincia ad affiorare la stanchezza di un anno di lavoro sommata ad una settimana di escursioni comunque impegnative dato il clima non proprio mite. Al tempo stesso però ho delle fiammate di malinconia, conscio che un viaggio così accurato nel south west degli Usa difficilmente lo rifarò, quanto meno a breve; ma questi scenari mi fanno sentire come a casa, è difficile da spiegare.

Il mal d’America conclamato di cui sono affetto da anni è rivolto proprio a questi spazi immensi, con le nuvole che affiancate l’una all’altra sembrano cadere all’orizzonte; dove l’odore stesso della terra dello Utah diventa un’essenza unica; il senso di libertà che si respira in America è una medicina contro ogni tipo di stress. In questa parte di mondo ci si sente maledettamente vivi, il che molte volte non è un bene visto che si riacquista la coscienza che si trascorre la vita da sopravvissuti. Andiamo avanti, o quanto meno ci proviamo visto che il fido navigatore di Pier ci manda dall’altra parte di Torrey; non che sia un male visto che in direzione Teasdale veniamo deliziati da un paio di scenari da urlo, ma a quest’ora del pomeriggio sarebbe meglio dirigere subito sul National Park. Il piccolo paese di Torrey è adagiato all’incrocio tra la fine della Hwy Utah 12 e la 24, altra strada che è unica come atmosfera; qualche ristorante, un po’ di motel e un paio di distributori di benzina. Ma di per se è un salto in avanti notevole rispetto alla deserta Escalante. Il nostro motel si trova nella parte est della cittadina, isolato dal centro urbano e con una vista su Capitol Reef unica; tutto il crinale rosso acceso si staglia proprio davanti al nostro alloggio, senza che ci siano edifici nel mezzo. Il Capitol Reef National Park toglie davvero il fiato per imponenza e bellezza; assomiglia al muro di cinta di un enorme castello, intervallato da qualche torre o bastione. La cosa strana è che passai di qui nel 2002, ma forse la fretta di finire la tirata Bryce Canyon – Moab con annessa visita serale al Dead Horse Point State Park non mi fecero soffermare sulla bellezza del posto. E’ comunque un parco strano che non offre molte escursioni, e quelle poche sono impegnative; ma soprattutto è un parco dove al suo interno passa la Hwy Utah 24 che resta il passaggio obbligato per poi raggiungere Moab e i suoi parchi. Quindi si capisce che provenendo dalla Hwy Utah 12 il parco assomiglia nulla più che un bellissimo momento naturale lungo l’highway. Lentamente costeggiamo il crinale fino al Visitor Center, peccato questo sia già chiuso nel tardo pomeriggio; perfetto, mi toccherà usare la guida della Rough per orientarmi. Fortuna che una coppia di anziani mormoni, quasi caduti dal cielo, percepisce il mio scoramento e mi allunga tutto il materiale ufficiale del parco; probabilmente sono un distaccamento mobile del Visitor Center penso subito. Dirigiamo la prua subito a Fruita lungo la Capitol Reef Road, un piccolo borgo western dove alloggiano gli inservienti del parco e dove invece una volta abitavano i primi coloni.

E’ impressionante il colpo d’occhio di queste casette stile “Casa nella prateria” adagiate sotto le pareti del Capitol Reef, ma al tempo stesso immerse nei frutteti di Fruita. Si, perché come fosse un miracolo, tutta la zona è adibita a frutteto dove si può entrare, raccogliere liberamente frutta e poi pagare all’uscita. Fantastico. Ma la cosa più bella è vedere cerbiatti brucare nei prati attorno alle poche case; come altre volte in questo viaggio mi fermo a chiedermi se sono davvero nel granitico e desolato Utah. Fruita rappresenta davvero un piccolo paese fuori da ogni schema, con i colori dei suoi prati, i suoi ruscelli e i suoi animali mentre oziosa giace all’ombra del Capitol Reef. Proseguiamo in auto verso la scenic road che costeggia il parco a sud, fino a fare un piccolo percorso sterrato che ci conduce alla vista del Capitol Dome, una specie di Half Dome bianchissimo adagiato sopra il crinale del parco. Il tragitto è molto affascinante, evidenziando alcune formazioni geologiche davvero uniche e strane; vedere un’intera parete bucherellata in stile gruviera svizzero non è da tutti i giorni. E’ evidente il lavoro incessante del vento e dell’acqua in queste gole, ma la fantasia che ci mette ogni volta è davvero sorprendente. Risaliamo con l’auto verso l’ingresso del parco per vedere il Gooseneck Point, dove si gode di una bellissima vista sul canyon che si contorce in curve strettissime sotto di noi. Il sole intanto sta tramontando e viaggiamo in auto alla volta di qualche piazzola dove si possa immortalare meglio buona parte della cordigliera; questa ora si accende di un rosso vivo e quasi sembra voler riflettere il sole. L’effetto è davvero unico: la cordigliera è talmente allineata che viene colpita in modo uniforme dai raggi di luce; volgendo lo sguardo da nord a sud è notevole l’effetto di Capitol Reef che si accende come una grande insegna rossa. Per rubare gli ultimi bagliori di tramonto ci troviamo però a dover percorrere le poche miglia fino al nostro Comfort Inn nel più assoluto buio. Ma quando parlo di buio, significa il nero più cupo. A fatica si vede la tortuosa strada, mentre l’unica luce naturale è il crepuscolo. E’ tardi e a pensarci bene oggi non abbiamo ancora mangiato, se si eccettua un panino al Subway a fine mattinata. Ho sentito parlar bene di un ristorante chiamato Diablo Cafè, il più è trovarlo anche perché qua locali e case hanno tutte la stessa fisionomia. Proprio alla fine del paese vediamo un bel patio tutto illuminato a giorno con il parcheggio traboccante di veicoli; non c’è dubbio, siamo arrivati. Questa sera l’aria è fresca, l’escursione termica è notevole in tutto lo Utah; il caldo di Calf Creek di poche ore fa sembra quasi appartenere ad un altro viaggio. Bel ristorante, con una cucina messicana molto raffinata e soprattutto molto speziata; in questo viaggio devo dire che sto mangiando veramente bene e soprattutto non ho ancora sfiorato un hamburger, tutto merito dei consigli combinati di Pier, Carlo, Daniele e del sito Trip Advisor.

E’ ora di rientrare a casa, siamo davvero cotti; adesso la strada che conduce all’hotel è più buia di prima, giusto per sfinire del tutto gli occhi. Sullo sfondo si vede il profilo cupo di Capitol Reef, quasi inquietante. Per fortuna che il risveglio viene allietato da una colazione faraonica al bar adiacente l’hotel e soprattutto da un’altra bellissima giornata con il cielo terso. Oggi abbiamo come obiettivo di raggiungere Moab e tutto il suo immenso comprensorio di parchi naturali. Ma prima voglio fare un altro giro a Capitol Reef. Mentre ieri sera ho optato per la scenic drive che corre a sud di Fruita, in modo da godermi al meglio il tramonto, oggi proseguirò lungo la Hwy Utah 24. Spettacolari sono i petroglifi che corrono lungo la parete del parco, facilmente accessibili da una pensilina. Ma ancora più suggestive sono le casette stile old western totalmente ristrutturate che si vedono lungo il percorso; una delle più affascinanti resta la vecchia scuola con davanti il classico carro dei buoi. Sembra di percorrere a ritroso il tempo fino ai tempi dei pionieri del west. Capitol Reef offrirebbe un paio di escursioni non male, ma un po’ troppo impegnative da fare in poche ore. Aver avuto un giorno in più mi sarei cimentato volentieri, ma raggiungere Cathedral Valley e i suoi monoliti in pieno sterrato è purtroppo un azzardo se penso che nella tarda mattinata devo essere a Goblin Valley State Park. E’ il mal di viaggiare, per quanto si programmino bene le cose si vorrebbe sempre inserire qualcosa all’ultimo minuto; ma in fondo è proprio questo che rende un viaggio più affascinante di una vacanza, l’emozione dell’incognito.

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