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Similan Islands, Thailand
Thailand flag Thailand

Phuket
Phang Nga bay
Similan Islands

 
Latitude - 7° 54' 28.27'' N
Longitude - 98° 17' 51.90'' E
 
"Viaggiare e' come sognare: la differenza e' che non tutti, al risveglio, ricordano qualcosa, mentre ognuno conserva calda la memoria della meta da cui è tornato"
Edgar allan Poe
   
February 2009

Phuket e i colori dell'oceano indiano

soundtrack: here comes the sun, the beatles - 1969
 

Chapter

E’ ormai ora di pranzo e sono ancora asserragliato dietro la scrivania dell’ufficio; mi affaccio alla finestra e vedo i rami muoversi isterici sotto i colpi della tramontana, un tempo da lupi in piena regola. Questo è ormai il ritornello quotidiano degli ultimi mesi, fatto di pioggia, quando andava bene; ma per una volta posso sorridere. Tra qualche ora sarò in auto alla volta di Malpensa, finalmente si parte per la Thailandia. Viaggiare è uno dei piaceri più grandi della vita; ogni meta nel mondo ha un suo fascino, basta solo aver voglia e coraggio di scoprirla. Ma esiste una categoria di viaggi che hanno dei principi attivi, degli effetti miracolosi sul fisico e sull’anima; parlo dei viaggi al caldo effettuati nei nostri mesi invernali. Rappresentano dei miraggi, forse perché fino all’ultimo non sai mai se la routine quotidiana ti lascerà scappare; nel mondo occidentale sembriamo tante biglie lanciate in un tunnel, non ti fermi mai e non puoi neppure scegliere di rallentare. Andrai avanti seguendo la forte corrente, fino a che un giorno ti accorgerai che la vita l’hai subita invece che viverla. Ma non è tempo di fare filosofia, non oggi almeno. Il tragitto Rimini – Milano è come sempre noioso, interminabile, soprattutto alla sera quando s’incappa nel tremendo traffico di rientro nell’interland meneghino. Per fortuna riusciamo a raggiungere Malpensa con un corposo anticipo, tanto meglio così ci prepariamo al lungo volo riaggiustando il bagaglio. Con notevole sorpresa noto che la nostra Qatar Airways ha già aperto il check-in tre ore prima del volo; sono curioso di volare con una compagnia araba di recente costituzione. E’ impressionante la differenza tra i tabelloni dei voli a Malpensa e quello ad esempio al Charles de Gaulle di Paris o di Heathrow a London; Milano al loro cospetto sembra ormai un piccolo scalo provinciale. Sei ore di volo e atterriamo a Doha; tragitto impeccabile con giro panoramico sullo skyline della città e dei pozzi petroliferi. Giusto un’oretta di scalo e si riparte alla volta di Bangkok. Il clima vacanziero costituito da infradito e bermuda già si vede nei look di alcuni passeggeri; non vedo l’ora di imitarli. Il servizio sulla Qatar Airways è impeccabile, facendomi davvero notare una differenza abissale rispetto alle più commerciali compagnie americane ed europee; centinaia di film disponibili ad ogni istante oltre a sedili più grandi e spazi più ampi già nella nostra popolare classe economica, non oso immaginare le classi superiori. Altre sei ore e finalmente iniziamo la discesa verso la capitale del vecchio Siam; una marcata linea nera in cielo palesa il livello di smog che ci aspetta a terra. Sicuramente non troverò l’aria tersa della Namibia, ma andare in Thailandia e non spendere qualche notte nella sua capitale mi sembrava davvero un delitto.

FINALMENTE LA THAILANDIA
L’aeroporto internazionale “Suvarnabhumi” di Bangkok assomiglia ad un vascello futuristico; un paragone con Malpensa è anacronistico, dato il flusso di persone di tutte le razze e colori che vedo sfrecciare intorno a me. In pochi minuti facciamo il controllo passaporto; ancor meno per cambiare poche centinaia di euro e ritrovarmi un chilo di baht tailandesi nelle tasche. Cerchiamo di trovare i nostri nomi tra le miriadi di cartelli issati dagli autisti all’uscita del gate; anche qui efficientissimi e velocissimi. Ho chiesto un hotel nei pressi dell’aeroporto per la prima notte, anche perché domani si vola in prima mattinata alla volta di Phuket; il vero soggiorno nella capitale l’ho lasciato per le ultime notti del viaggio. Pochi minuti lungo le strade a scorrimento veloce nei pressi dell’aeroporto e veniamo recapitati in un piccolo hotel, diciamo una pensione senza stelle. Vabbè che volevamo solo un letto pulito per dormire, ma qui davvero sembra d’essere in lista d’attesa per il prossimo volo, un semplicissimo e onesto dormitorio. La camera è tutta impacchettata nella plastica, non si sa mai che si rovini qualcosa. Ci facciamo una lunga risata, ormai ci piace anche quando qualcosa non è come lo si pensava. Due passi fino all’adiacente supermarket, giusto per renderci conto che siamo in Asia, e infine l’immancabile zapping sulle tv locali pochi istanti prima di crollare dal sonno. Sembra passato un secondo da quando ho chiuso gli occhi, ma è già mattina. Puntuali ci lasciamo trasportare dal pulmino dell’albergo, non prima che un ragazzino avesse constatato che nella notte non ci fossimo improvvisati hooligans con gli arredi kitsch della camera. E’ una giornata bellissima, soleggiata e calda; che bello poter indossare in febbraio dei bermuda e un paio di infradito. Torniamo in aeroporto in anticipo, giusto il tempo di fare colazione sull’immenso giardino orientale, ma del resto siamo in Thailandia. Un breve volo di un’ora e finalmente giungiamo a destinazione, Phuket. Certo che se ci penso un attimo, sono due giorni che viaggiamo e ancora non abbiamo messo un piede sulla sabbia. Ad attenderci troviamo un ragazzone thai; a bordo del suo minivan tutto elaborato percorriamo la “statale” che taglia in due l’intera isola di Phuket. Dal finestrino ammiro quanto verde sia la Thailandia; ma al tempo stesso noto con disappunto come stiano costruendo un po’ ovunque, ed immagino senza un minimo piano regolatore o paesaggistico. Il traffico è notevole, con motorini che sfrecciano sia a destra che a sinistra. Ma la cosa più curiosa sono i sidecar con tutta la famiglia e animali a bordo; sono ovunque. Altra oretta e finalmente tocchiamo terra nel nostro resort, davvero notevole. Il Katathani Beach Resort è un “paese” lungo quasi un km adagiato in parte sulla spiaggia e in parte lungo la piccola via che porta a Kata; elegantissimo ma sobrio nelle forme, a livello visivo è veramente ben mimetizzato con la vegetazione in modo da non deturpare il paesaggio da favola.

PHUKET, INIZIA IL VIAGGIO
E’ una delle poche volte che ci lasciamo assistere anche a terra dal tour operator, e infatti non ne possiamo già più. Un cordiale italiano, emigrato in Thailandia, ci aspetta nella hall dell’hotel; sarà il nostro riferimento per quest’area del Paese. Essendo abituato a dover pianificare per tempo ogni sfaccettatura del viaggio, tutto questo eccesso di organizzazione imposta mi disorienta un poco. In pochi minuti ci consiglia, ovviamente è lì per quello, cosa visitare; in ancor meno gli prenoto tutto, non vorrei per pigrizia fermarmi in loco. Finalmente una volta fissati i tours, fatto check-in, subito la visita guidata del resort e soprattutto cambiato un paio di camere a causa del cattivo odore di umido, si può dire che la vacanza sia iniziata. Ci catapultiamo in spiaggia, anche se ormai è pomeriggio tardi, ma vogliamo fortemente rompere con l’inverno e goderci queste settimane di sole. Accovacciato in riva al mare, la prima cosa che mi viene in mente mirando l’orizzonte è lo tsunami del 2004; mi giro verso le palme che orlano il resort e immagino che inferno dev’essere stato in queste spiagge. Ora mi accorgo che è tutto più organizzato; i cartelli che indicano le via di fuga sono ovunque, mentre ogni baia è munita di una torretta collegata via satellite con un centro di rilevamento sismico. Noto che la spiaggia non è gremita di persone, anzi. Chissà se la crisi economica sta riversando i suoi effetti anche sul turismo di questo piccolo paradiso? La sera ormai avanza rapidamente e decidiamo di andare a mangiare a Patong; ma arrivarci? Decidiamo di affidarci ad un tuk-tuk a quattro ruote; tiriamo un po’ sulla tariffa, perché capiamo subito che in Thailandia quasi nulla ha un prezzo fisso e letteralmente voliamo verso la meta. Qualche curva su due ruote, qualche altra con noi aggrappati alle barre di sostegno, ma alla fine eccoci a destinazione. Per un momento mi sembra d’essere a Rimini in piena estate; ci buttiamo dentro Bangla Road, la via più famosa della città. Ai due lati pub e bar esibiscono ragazze che incitano, o invogliano, i passanti ad entrare; mi trovo in una delle vie più chiacchierate del mondo, meta prediletta dei turisti di mezzo mondo. Sinceramente mi aspettavo più trasgressione, secondo i racconti di molte persone che in precedenza c’erano stati. Ma poco importa, il nostro obiettivo è ora di andare a mangiare del buon pesce, cosa per la quale la Thailandia dovrebbe essere davvero regina. Ci sono una miriade di ristoranti attorno a Bangla Road, per fortuna avevamo un nominativo consigliato dalla Lonely Planet proprio qui in zona; il Savoey è infatti all’angolo con il lungomare, perfetto direi. Mi accorgo che siamo ancora stralunati dagli innumerevoli spostamenti tra Bangkok e Phuket, come prima sera credo sia abbastanza. Il risveglio dopo una decina di ore di sonno rende tutto più sgargiante; ma non è una percezione errata, l’odore di orchidee del giardino inonda ogni angolo della stanza mentre le tonalità dei fiori tropicali sono uno spettacolo per i sensi. Una bella terrazza sul mare ci accoglie per la colazione, che sinceramente assomiglia di più ad un pranzo nuziale data la quantità di cibo presente. Il silenzio avvolge tutto, interrotto solo dal rumore delle onde che s’infrangono sulla battigia; mi sembra di essere via da una vita.

Oggi abbiamo in programma di visitare una spiaggia poco distante da Patong, Laem Sigh, ma per raggiungerla? Noto che i turisti sono tutti muniti di piccoli scooter e scorazzano liberamente per le strade, manco fosse un luna park; peccato che ogni tanto qualcuno si scordi di guidare nel senso di marcia contrario rispetto a quello italiano, con ovvie conseguenze mediche. Il tempo di informarmi e capisco che il noleggio non preveda alcuna forma assicurativa e non sia neppure possibile stipularne; molto bene, se cadiamo o cagioniamo un danno faremo la fine di Bridget Jones. Decidiamo comunque di noleggiarne uno, con il quale ci vengono forniti due simil caschi che credo aggraverebbero solo i danni durante la caduta. Che bello percorrere il lungomare di Phuket, con il sole ancora basso che fa brillare le onde; è tutto un susseguirsi di baie, colline e piccoli e freschi boschi. Il traffico, finché si transita dalle parti di Karon o Kata è tranquillissimo, ma appena ci si avvicina a Patong sembra di navigare in una mare in tempesta fatto di turisti a bordo di scooter senza controllo o tuk tuk che provano ad ogni rettilineo ad infrangere qualche legge fisica. Raggiungiamo il piccolo e improvvisato parcheggio della spiaggia di Laem Sigh, sulle colline poco a nord di Patong; bianchi latte, con zaino in spalla e un sorriso stampato in faccia, ci proiettiamo nella spiaggia. Il percorso dal parking fino al mare è estremamente ripido e sconnesso, se poi ci si aggiungono gli infradito ai piedi la difficoltà cresce passo dopo passo. Un bagliore immenso rompe l’umidità e l’ombra del bosco sul pendio; una calda e soffice sabbia ci dice che siamo arrivati. Che sogno, poca gente e un bell’ombrellone in riva al mare; qualche baht e ci sentiamo in paradiso. L’acqua è caldissima; fare il bagno in febbraio è una di quelle cose che sogni tutto l’anno, ma che quasi mai riesci a realizzare. La baia è un piccolo gioiello, scovata dopo numerose peregrinazioni sui forum turistici in rete; complimenti a chi l’ha consigliata, da visitare senza dubbio. La giornata scorre meravigliosamente tra qualche scatto fotografico e un piatto di pesce ad uno dei chioschi alle nostre spalle; la domanda sorge spontanea: e chi torna più a casa? Il pomeriggio vede l’arrivo di un po’ più di gente, ma nulla che possa turbare la quiete. L’unica cosa che invece, sul tardi, comincia davvero ad infastidire sono le moto d’acqua; ma non erano vietate? Il ronzio e la puzza di benzina rompono l’idillio; poco male, è ora di rientrare e fino a Hat Noi ci vorrà almeno un’ora. Come prima giornata direi che non ci si può lamentare, anzi; il color bianco mozzarella comincia a virare a favore di un rosa maialino! Un giorno di sole, nonostante una impermeabile crema protettiva, ci riconsegna alla sera in uno stato comatoso. Decidiamo che la cena la consumeremo a Kata, dove avevo un paio di ristoranti sul taccuino. Un bel locale adagiato al culmine di una ripida scalinata domina tutto il centro di Kata; una sala arredata con antiquariato orientale accoglie in modo eccellente i clienti. Un piatto di riso misto a polpa di granchio e qualche polpettina iper piccante; non male la cucina thai. Kata si snoda in mezzo a poche vie, tutte fitte di pub stracolmi di urlanti ragazze thai e negozietti che vendono di tutto. Non c’è il caos o l’eccesso di Patong, il che non mi dispiace assolutamente; per una sera nessuna povera iguana al guinzaglio sui marciapiedi, per fortuna.

PHANG NGA BAY
Ci svegliamo piuttosto presto, il sole non è ancora sorto; abbiamo destinato interamente la giornata al tour nella splendida Phang Nga Bay. Con stupore ci accorgiamo che il concetto di puntualità è rigoroso; anzi, da queste parti vengono a prelevarti con almeno un quarto d’ora di anticipo. Peccato che poi rimangano nel traffico per ore senza alcuna indicazione sul tempo di percorrenza. Un’ora abbondante di minivan, assieme a qualche altro assonnato turista recuperato lungo il tragitto, e arriviamo al molo di Bang Rong, nel nord est dell’isola di Phuket. Tante motonavi affiancate al pontile provvedono a spartirsi i numerosi turisti, preventivamente marchiati con un adesivo colorato. Già pochi minuti di navigazione e siamo al cospetto di enormi monoliti che fuoriescono dal mare, degli immensi faraglioni riccamente coperti di vegetazione e mangrovie. Il panorama è assolutamente notevole; una miriade di piccoli isolotti dispersi in tutta la baia creano una cornice davvero suggestiva. Il mare fortunatamente è piatto, lasciandomi fotografare senza troppi problemi. Alla nostra destra la grande Ko Yao Yai si confonde con sullo sfondo il profilo di Krabi. Il tour è ben organizzato, fornendo anche ai più smarriti pinne, boccaglio e maschera; infatti l’obiettivo principale del giro è Ko Phing Kan, o come la conosciamo noi, James Bond island perché teatro di alcune scene del film “L’uomo dalla pistola d’oro”. Ma lungo tutto l’itinerario – veramente intenso – veniamo dotati di canoe per visitare alcune grotte molto suggestive, oppure attracchiamo dove ci sia possibilità di fare snorkeling. Il mare è uno specchio, con le classiche sfumature color smeraldo tipiche dell’oceano indiano. Nonostante le numerose motonavi che sono in navigazione tra le isole della baia, non si percepisce la presenza di altre imbarcazioni; l’area è talmente grande che basta attraccare su un altro lato dell’isola e sembra di essere quasi naufraghi. Navigando a zig zag tra i tanti faraglioni si scorgono minuscole spiagge di sabbia bianca incontaminata; un sogno, ma occorrerebbe affittare una long tail boat privata. Il sole è ormai alto, ma il clima in questo periodo dell’anno è estremamente secco, permettendo ogni tipo di escursione senza troppi rischi pioggia; all’orizzonte riusciamo a scorgere nitidamente le numerose isole della baia, senza la tipica foschia di metà mattinata.

Ultima tappa, James Bond Island: delle lunghe e strette long tail boat, più assomiglianti a lance per contrabbandieri che a taxi boat, ci portano un po’ alla volta sul piccolo e improvvisato molo dell’isola. Ad accoglierci innumerevoli bancarelle con, obiettivamente, oggetti di artigianato. Dietro ai banconi le donne chao leh, ovvero le donne degli zingari di mare; si può dire siano i pescatori e nomadi delle isole, una delle popolazioni originarie di questa penisola. Sarebbe stato bello estendere l’escursione in barca fino al villaggio musulmano galleggiante di Ko Panyi, ma nonostante la nostra richiesta al corrispondente in albergo, per questo giorno non c’erano barche che andassero in quella direzione; mi sembra strano, ma amen, sarà per la prossima volta. Veniamo lasciati liberi di visitare la piccola porzione di isola antistante il molo; una brevissima camminata su rocce lisce ci permette di ammirare il cuore di questa isola, costituita da una piccola baia con al centro la famosa roccia granitica che esce dal mare e che è stata la vera scenografia in una scena del film di James Bond. Se si riescono a filtrare le noiose voci dei cinesi l’atmosfera è notevole; uno specchio di acqua smeraldina tutta cinta da una caldera costituita da fitta e robusta vegetazione fa da scenario a questo monolite solitario; il giro di una giornata intera vale davvero questo spettacolo. Volendo proseguire la permanenza sull’isola noto che ci sarebbero state anche le grotte da visitare, ma i tour sono sempre vincolanti e come tale non ci resta che ripiegare sul battello e fare rientro sulla terra ferma. E’ un bellissimo giro, molto ben organizzato – quanto meno il nostro – dove la natura ha il ruolo principale; occupa un’intera giornata la visita, parziale, del Parco di Phang-Nga, ma la baia è considerata una delle gemme del Mar delle Andamane.

ALLA SCOPERTA DELLE SPIAGGE A SUD DI PHUKET
Bruciacchiati da una giornata intera in barca decidiamo di impiegare il giorno seguente alla visita del sud di Ko Phuket; dalla baia di Kata ci arrampichiamo con il nostro fido due ruote sulla panoramica che regala viste di rara bellezza. Lungo la strada piccoli chioschi di bibite tengono in frigo anche la miscela per lo scooter, fuori di testa penso io. Ma qua funziona così, ti chiedono quanti litri vuoi e in base alla risposta fanno rifornimento o grazie ad alambicchi appesi sull’esterno del negozio oppure tramite bottiglie di vetro preventivamente riempite di carburante. Più passano i giorni e più mi sorprendo di quanto sia rigogliosa la penisola siamese; seguiamo i tornanti a sud di Kata e ai bordi della carreggiata notiamo un gruppo di elefanti, apparentemente liberi, che pascolano in tranquillità; con lo scorrere dei giorni capisco il perché migliaia di connazionali decidano di trasferirsi a vivere qui. Pochi minuti e scendiamo verso la spiaggia di Hat Nai Han (o Nai Harn), caratterizzata dalla massiccia presenza del Royal Meridien; ma basta proseguire per ancora un paio di curve ed ecco uno degli angoli più belli e tranquilli di tutta Phuket: sabbia dorata ed un paio di chioschi con pesce fresco e frutta tropicale, ma davvero comincio a chiedermi se mai avrò il coraggio di mollare tutto e iniziare a vivere la vita in un luogo simile. La spiaggia è incantevole, così decidiamo di lasciarci ammaliare per tutta la giornata in barba a tutti i progetti di esplorazione che ci eravamo prefissati. Mi ero attrezzato con Ipod e tonnellate di musica per le lunghe ore di ozio, ma il rumore del mare è sempre la miglior colonna sonora quando si è sdraiati al sole. Prima che la sera prenda il sopravvento ci rimettiamo in moto, ma giusto per pochi minuti, fino a Laem Phromthep, un promontorio che s’inabissa a sud dell’isola. E’ un luogo eccezionale per immortalare i tramonti ed è frequentato soprattutto da tailandesi, anche in vacanza; una barriera di palme incornicia idealmente il sole mentre si tuffa in mare. Alle nostre spalle un piccolo tempio pieno di colori e incensi rende il tramonto un momento mistico, meraviglioso. Ormai il buio sta avanzando, ma in pochi minuti saremo nuovamente a Kata; lungo la strada individuiamo un paio di locali dove poter cenare, meno appariscenti di quelli a Patong, ma a prima vista più tradizionali. Il tempo infatti di cambiarci in albergo ed eccoci accomodati su una terrazza panoramica proprio sopra la collina che sovrasta Kata; un cameriere che sembra uscito da un cartone animato ci propone quello che hanno pescato. Il cibo è eccezionale, pesce ottimo, insalate piccantissime come realmente dovrebbero essere in Thailandia; intanto dalla spiaggia si vedono alzarsi le classiche lanterne di carta che dolcemente oscillano fino in cielo. Un complessino thai prova a riproporre musica reggae con buoni risultati; abbiamo trovato il nostro locale, ora mi sembra di essere finalmente in Thailandia. Gli ultimi giorni di Phuket li trascorriamo nelle coste meridionali, più selvagge e meno cementate della caotica Patong. Rawai e tutti i paesini limitrofi sembrano usciti da un film hippy, con i loro chioschi immersi nei fiori o i bungalow nascosti tra gli alberi; girarci poi in scooter è la ciliegina sulla torta. Raggiungiamo in un momento di misticismo il Big Buddha, sulla collina che sovrasta la città di Phuket; una bella escursione che occupa un paio d’ore, ma che avvicina a questa religione che ispira davvero molta quiete e tolleranza. Un grande Buddha bianco guardo verso est, mentre ai suoi piedi tante statue dorate di monaci sembrano montare la guardia; il silenzio è sovente interrotto dal suono delle campanelle appese ad ogni ramo, veramente suggestivo. Phuket offre davvero tanto, un paio di settimane potrebbero non bastare per godere appieno di tutto quello che questo luogo offre.

IL PARADISO MARINO DELLE SIMILAN ISLANDS
Per chiudere in bellezza la nostra permanenza, abbiamo progettato per l’ultimo giorno una visita delle isole Similan; non sapevo ci fosse la possibilità di questa escursione, ma appena il nostro corrispondente l’ha proposta ho aderito senza riserve. Il Parco Marino delle Isole Similan è considerato un paradiso per le immersioni e per chi cerca un pizzico di Seychelles nel Mar delle Andamane. Consueta partenza all’alba dall’albergo, solito pulmino con cerchioni allargati e assetto sportivo, immancabile traffico bloccato all’altezza di Patong. Da Kata ci vogliono quasi due ore di vettura fino al porto di Thap Lamu, pochi km sotto Khao Lak. Una colazione improvvisata in due garage adibiti a reception per i tour operator e poi via tutti alle lance; ovviamente io rischio subito d’imbarcarmi su quella diretta non so dove. Una piccola flotta di motoscafi comincia a planare sulle onde per un paio d’ore, finché avvistiamo la silhouette di alcune isole all’orizzonte. Le Similan, o meglio, il Parco Nazionale Marino Similan è composto da nove (sembilan in malese significa nove) granitiche isole; è aperto da novembre e maggio ed è quasi disabitato. Il tour comprende il giro di alcune di esse, senza ovviamente approfondirne l’interno; sarà un giro volto a far ammirare la bellezza disarmante di questo angolo di pianeta, miracolosamente scampato allo tsunami del 2004. Arriviamo in rada alla prima isola; mi affaccio dal motoscafo un po’ intontito dalla traversata e soprattutto dalle onde del mare aperto. Lo spettacolo che si apre davanti a noi non ha aggettivi; branchi di pesci tropicali così densi che si farebbe fatica a tuffarsi in acqua. I colori sono talmente reali da far male agli occhi; un blu indaco fa da cornice a macchie di color ghiaccio sullo specchio del mare. Sullo sfondo i grandi massi di granito si mischiano alla rigogliosa e verdissima vegetazione dell’isola. Il tempo di capire se siamo desti o meno che lo skipper ci invita a farci una mezz’oretta di nuotata in questo paradiso. Armati di maschera e boccaglio cominciamo, come tanti piccoli astronauti al primo giorno su di un pianeta sconosciuto, a spinnare nella piccola baia. Sotto l’acqua sembra di assistere ad un documentario naturalistico; alcuni componenti della comitiva, appassionati di snorkeling ammettono che non hanno mai visto nulla di simile neppure nelle rinomate Maldive o Sharm. Riemergendo mi ritrovo a nuotare in mezzo ad un branco di tartarughe di mare, non ne avevo mai viste di così vicine. Nonostante la meta sia comunque turistica mi accorgo che i vari tour operators, intelligentemente, si sono diretti su isole diverse; in questo modo, anche cambiando isola non ci si trova mai con più di un paio di motoscafi da dieci persone nella stessa baia. Un luogo simile macchiato dalla presenza di piroscafi o folle di turisti toglierebbe tutta la poesia. Cominciamo a rimbalzare da un’isola all’altra, con pochi minuti di navigazione; alterniamo paesaggi davvero idilliaci. Sapevo dello splendore dei fondali di questo arcipelago, ma non credevo che anche le spiagge fossero di ugual bellezza. Sapiente sosta pranzo sull’isola principale la n.8; entriamo dentro una baia che racchiude da sola tutti i colori viste nelle altre isole.

La famosissima “duck bay”, dovuta a delle formazioni rocciose a forma di papero che sormontano la spiaggia, riesce ad incantarci. Qui purtroppo convergono tutte le gite per il pranzo e quasi tutte nello stesso momento; non capirò mai come facciano i turisti ad avere tanta fame, nonostante si stia facendo una gita in mare. Tavolate di gente intente a raschiare ogni piatto di portata, con una voracità atavica che fa anche paura; meglio così, se preferiscono stare un’ora a battagliare a tavola, riesco a camminare in solitaria per l’isola. Ed è così, come un giovane Crusoe mi diverto ad arrampicarmi sulle strane formazioni rocciose riuscendo a trovare scorci che uno sogna tutta la vita. Dall’alto i contrasti dei colori del mare sono palesati in modo netto; verdi, bianchi, blu scuri tutto insieme per confondere le papille gustative degli occhi; che meraviglia. Piccole risacche evidenziano piscine naturali piene di pesci pagliaccio o minuscoli “Nemo”. Peccato che come tutti i sogni, la possente voce della skipper ci obblighi a tornare a bordo; riusciamo però ad essere deliziati da un altro paio di spiagge prima di intraprendere la via del ritorno. Una giornata davvero emozionante, ma anche estenuante; partiti prima dell’alba e rientrati a serata inoltrata, ma lo rifarei altre mille volte. La prima settimana è volata via in un batter d’occhi; domani si riparte, destinazione Phi Phi Island. Se devo fare un bilancio di Phuket ne posso solo parlare bene; ci sono talmente tante spiagge da vedere, escursioni da fare e luoghi da scoprire che ci vorrebbero almeno due settimane. Ma come sempre il tempo è il vincolo principale, quindi occorre fare scelte non sempre facili. Avevo letto e sentito che Phuket può essere banale e sovraffollata, ma non mi sento di generalizzare un simile punto di vista su un isola costituita da innumerevoli calette e spiagge. Io posso solo dire che folle di gente non ne ho vista, se si esclude Patong; ma credo che si rechi a Bangla Road, poi sia proprio quello che cerca. Adesso però voglio sognare la meta di domani, di bilanci ne compilo già troppi sul lavoro.

  giottoGiotto

 

   
   
 
Informazioni
Per guidare un autoveicolo è necessaria la patente internazionale, mentre la guida è a sinistra come nel Regno Unito. Bisogna informarsi molto bene con la propria assicurazione in merito alla copertura nel caso si noleggi uno scooter in Thailandia. Il fuso orario rispetto all'Italia è di +6 ore.
clima
Il clima è caldo tutto l’anno, specialmente durante i mesi di marzo, aprile e maggio; il periodo migliore per visitare il Mar delle Andamane va da dicembre fino a fine marzo. Sono abbondanti le precipitazioni nella stagione che va da maggio a novembre, soprattutto in luglio ed in agosto quando sono possibili forti acquazzoni.
cosa leggere
Esistono numerose guide cartacee sulla Thailandia. La mia scelta è caduta sull'edizione Lonely Planet - Isole e spiagge della Thailandia che, snellendo il tomo tradizionale, include solo le località di mare oltre a Bangkok. Devo dire, a dispetto di edizioni su altri Paesi, che è ben fatta, ricca di informazioni e indicazioni. Consigliata.
quanto soggiornare

L'isola di Phuket è immensa, come sono innumerevoli le sue spiagge. Se poi si considerano anche le potenziali escursioni sia all'interno sia nelle isole limitrofe, due settimane sarebbero necessarie. Comunque cinque o sei notti sono adeguate per una visita rilassante alle sue più belle attrattive.

 
cosa vedere - cosa fare
Phuket offre tantissimo, forse il primo consiglio è di organizzare al meglio il tempo a disposizione. Escursioni da fare assolutamente sono quelle alle SIMILAN ISLANDS che occupano una giornata intera, ma valgono da sole il viaggio in Thailand. La seconda escursione è quella alla PHANG-NGA BAY, uno spettacolo eccezionale. Entrambe le uscite sono facilmente prenotabili in ogni hotel o agenzia in loco. Per quel che riguarda cosa vedere a Phuket, secondo il mio punto di vista l'area di KARON e PATONG non meritano più che una visita; il sud di Phuket come RAWAI è molto più caratteristico e tranquillo. Le spiagge che ho apprezzato di più sono PANSEA a nord, LAEM SINGH sopra PATONG, KATA NOI e la piccola e nascosta YA NUI a sud. Da non perdere la visita al BIG BUDDHA, per vivere un momento emozionante; infine il tramonto a LAEM PROM THEP, se si vuole davvero apprezzare lo spirito di quest'isola.
dove dormire

E' veramente imbarazzante chiedere dove poter dormire nell'isola di Phuket, la scelta è praticamente infinita. Sicuramente obiettivi e budget del soggiorno possono indirizzare meglio nella scelta. Se si vuole divertimento e un po' di trasgressione, l'area di PATONG può sicuramente fare al caso. Questa località annovera alcuni dei resort più rinomati di tutto il Mar delle Andamane. I miei obiettivi erano natura, relax e soprattutto nessuna confusione. Mi sono orientato verso sud, nella piccola ed elegante baia di KATA NOI; il resort senza dubbio è stato all'altezza delle aspettative. Infatti il KATATHANI occupa tutta la baia senza però deturparne la sua bellezza.

 

 
photo gallery
 
Hat Kata Noi overlook, Phuket - Thailand
Hat Kata Noi overlook, Ko Phuket - Thailand
Sunset at Hat Kata Noi, Phuket - Thailand
Sunset at Hat Kata Noi, Ko Phuket - Thailand
Sunset at Hat Kata Noi, Phuket - Thailand
Sunset at Hat Kata Noi, Ko Phuket - Thailand
Big Buddha, Phuket - Thailand
Big Buddha, Ko Phuket - Thailand
Laem Sing Beach, Ko Phuket - Thailand
Laem Sing Beach, Ko Phuket - Thailand
Phang Nga Bay, Ko Phuket - Thailand
Phang Nga Bay, Ko Phuket - Thailand
James Bond Island - Phang Nga Bay, Ko Phuket - Thailand
James Bond Island - Phang Nga Bay, Ko Phuket - Thailand
Phang Nga Bay, Ko Phuket - Thailand
Phang Nga Bay, Ko Phuket - Thailand
Ya Nui Beach, Ko Phuket - Thailand
Ya Nui Beach, Ko Phuket - Thailand
Sunset at Phrom Thep Cape, Ko Phuket - Thailand
Sunset at Phrom Thep Cape, Ko Phuket - Thailand
Phrom Thep Cape Temple, Ko Phuket - Thailand
Phrom Thep Cape Temple, Ko Phuket - Thailand
Similan Island n.8 - Thailand
Similan Island n.8 - Thailand
Similan Island n.8 - Thailand
Similan Island n.8 - Thailand
Similan Island n.8, Donald Duck Bay - Thailand
Similan Island n.8, Donald Duck Bay - Thailand
Similan Island n.4, Mieng Island - Thailand
Similan Island n.4, Mieng Island - Thailand
Similan Island n.4, Mieng Island - Thailand
Similan Island n.4, Mieng Island - Thailand
 
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