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Reykjavik, Iceland
Iceland Iceland

Reykjavik

 
Latitude - 64° 08' N
Longitude - 21° 56' W
 

"Un raggio di sole e' sufficiente per spazzare via molte ombre"

San Francesco d'Assisi
   
August 2010

Reykjavik, la via del polo nord

soundtrack: Lothlorien, Enya - 2001
 

Chapter

Onestamente non saprei spiegare la scelta di una meta di viaggio rispetto ad un’altra. Sicuramente il passa parola ha un grande potere nel disegnare un’immagine che non sempre poi si realizza tale e quale davanti ai miei occhi. E’ da anni che vorrei visitare il nord del pianeta, quello vero e ancora — spero — non contaminato troppo dalla presenza malefica dell’uomo; pensare di essere in prossimità del Polo Nord, o più correttamente, nelle vicinanze del circolo polare artico, mi trasmette molta magia. Il vero sogno sarebbe ammirare un’aurora boreale, ma in agosto credo non sia per niente facile per via della temperatura ancora mite e delle lunghe notte solari. E’ quasi fine febbraio, con gli occhi ancora colmi di colori e profumi tailandesi, ma nasce la voglia di rifare un viaggio vero invece che una ‘rilassante’ vacanza; sentirsi vivi ed esploratori è una sensazione innata, inutile soffocarla, tornerebbe poi a galla con maggior vigore. Primo passo, comincio a prendere confidenza con cartine e nomi dell’Islanda, cosa da non poco; qualche supporto cartaceo comprato in libreria e si parte con qualche bozza di itinerario. Nemmeno il tempo di dare un’occhiata agli alloggi e, boom! A festeggiare l’inizio della primavera il caro Eyjafjallajokull, dopo ben due secoli di tregua, vede bene di eruttare bloccando i voli in mezzo pianeta. Le ipotesi si sprecano; illustri vulcanologi snocciolano statistiche sulla durata dell’eruzione, sicuramente non meno di un anno, ma soprattutto mettono in allerta sui prossimi vulcani che a ruota si risveglieranno. Un bollettino di guerra fatto di nomi quasi impronunciabili, tra i quali il Grimsvotn, l’Hekla e il temuto Katla. Capisco che il mitico Vassili in Grecia sarà molto gradito alla mia dolce metà, già allarmata da abbigliamenti troppo ingombranti e pesanti rispetto alle sue ciabattine e tubini in lino. Gli approfondimenti televisivi riecheggiano ere glaciali, aerei che inseguono rotte improvvisate o addirittura una fine del mondo anticipata rispetto al 2012.

Non faccio il tempo di digerire l’amara, ma inevitabile archiviazione dell’itinerario che a maggio, quasi a far dispetto a tutte le nefaste profezie, la star Eyjallafjalla decide che può bastare, per ora. E qui devo complimentarmi col dicastero del turismo dell’ Islanda, perché sono riusciti a cavalcare un evento che, unito ai loro recenti dissesti finanziari, poteva assumere le fattezze di una pietra tombale. Usando come esca mediatica la recente eruzione hanno reso visibili, in brevi e accattivanti spot sui mass media e soprattutto sul web, le tante bellezze naturalistiche del loro Paese. Sta il fatto che l’Islanda da terra semi sconosciuta, appiccicata lassù, quasi che né l’Europa e né il continente americano la volessero, si è rivelata la meta più cool dell’estate. Di male in peggio per i miei piani di viaggio; sono ora obbligato a velocizzare le prenotazioni, visto che la disponibilità in un paese di poche migliaia di abitanti non penso sia elevata. E infatti, coadiuvato della mia fidata agenzia, iniziamo a vagliare fattorie e hotels. La scelta su dove alloggiare nelle mete prefissate sono davvero esigue, quando va bene due opzioni; in altri casi occorre dirottare su ranch abbarbicati nell’entroterra. Provo a cercare qualche foto a corredo, ma il più delle volte i siti internet riportano foto per nulla aggiornate. Con non poca difficoltà stilo e prenoto le camere, ma in fondo volevo un viaggio; bene, il viaggio, inizia dalla difficoltà di organizzare il tutto, quindi non posso lamentarmi. Finalmente si parte, peccato che i voli di linea prescelti facciano fatica a fornire compreso nel prezzo un misero bicchiere d’acqua; e qualcuno denigrava i voli low cost, sarei felice adesso di capirne la differenza. Primo giorno di viaggio e primo stop a Copenhagen; volevamo visitarla, magari avremmo preferito non passarci solo un pomeriggio come ripiego per la cancellazione del nostro volo pomeridiano, ma siamo in ferie e come tale voglio sempre vedere il picchiere mezzo pieno. Comunque bellissima città, collegata splendidamente con l’aeroporto dal quale una comoda metro porta in centro in circa mezzora. Il cielo è grigio e, stranamente per agosto, il clima è già autunnale, ma per fortuna sembra non voler piovere nel breve. Scendiamo davanti all’Opera, una magnifica piazza che fa subito apprezzare la bellezza della “città dei mercanti”. Pochi minuti a piedi ed eccoci affacciati su uno degli scorci più famosi, Nyhavn; un canale orlato di edifici antichi e ottimamente conservati, caratterizzati da colori pastello che sembrano ricreare un piccolo paese fiabesco.

Ci fermiamo a mangiare qualcosa, il viaggio è ancora lungo fino all’Islanda; ci sediamo in un ristorante sul lungo fiume giusto in tempo per evitare un corposo temporale. Come per magia riusciamo a riprendere la nostra passeggiata con il meteo più clemente, anche perché siamo già indaffarati a girare con un trolley appresso. Imbocchiamo una delle vie principali che collegano il canale di Nyhavn con la centrale Radhuspladsen. Veramente curata ed elegante, senza ombre apparenti di traffico, ma tanti ciclisti con annessi carrelli adibiti per i bimbi; il vedere solo biciclette o moderne metro rende subito una città più amichevole, facile da gustare. Poche ore certo non possono dare il senso della capitale della Danimarca, ma fanno capire come l’ordine e l’educazione di certe popolazioni sia oggettivamente notevole; appena ci si allontana da casa, sembra sempre di essere molto più lontani di quel che le mappe raccontino. Rientriamo nello splendido aeroporto di Copenhagen, una struttura che davvero trasforma una sosta di ore in un piacevole momento di relax con le sue sale silenziose, con i collegamenti wi-fi capillari, ma anche con tutti i pavimenti e boiseries in legno. Essere in aeroporto senza realmente subirne gli stress di imbarchi e circolazione di viaggiatori è un grande risultato. Il nostro volo serale dell’Iceland Air in pochi minuti ci porta sopra la capitale danese, notevole il colpo d’occhio del moderno ponte che la congiunge con Malmo, ma soprattutto curioso osservare gli enormi parchi eolici che affiorano dal mare. In pochi istanti ci immergiamo in un manto infinito di nuvole che non ci abbandoneranno fino alla canonica comunicazione di discesa verso la meta finale. Qualche squarcio, ormai serale, lascia intravedere la penisola di Reykjanes; rossa come un campo di tennis, piena di fonti geotermali che sbuffano in cielo. L’impatto è forte, un po’ infernale. Sbarchiamo in pochi minuti e con facilità compriamo il ticket del Flybus, che sembra ci lascerà sotto la nostra dimora. Il Sole è ormai tramontato, ma passano i minuti e la luce rimane sempre la stessa; curioso davvero questo fenomeno del sole estivo. Sono ormai le undici della sera e il cielo resta, nonostante le cospicue nubi, tinto di un azzurro tenue. Una lunga giornata, coronata da una splendida camera mansardata all’Hotel Phoenix.

Si rivelerà una scelta davvero perfetta, sia per la posizione che per le eleganti e ricche colazioni; devo indubbiamente ringraziare tutti coloro lo hanno eletto uno dei migliori alloggi di Reykjavik sui forum. La prima delle tre giornate dedicate alla capitale islandese si apre con un meraviglioso e caldo sole; il cielo è blu profondo, forse prerogativa di queste latitudini. Cominciamo a fare le prove di abbigliamento, siamo attrezzati per scalare un iceberg, ma ho paura che oggi basti una polo e un paio di jeans. L’hotel è comodissimo, essendo ubicato proprio all’imbocco della strada Laugavegur, dove cioè ci sono la maggior parte dei ristoranti e negozi. Da questa via, costituita da una piacevolissima passeggiata, si accede al cosiddetto centro storico della città, fatto di caffetterie, giardini e il molo. E’ tutto molto concentrato, ma soprattutto molto tranquillo; Reykjavik è considerata una delle capitali più sicure del pianeta. Prendiamo la giornata con molto relax, facendo qualche acquisto e prendendo confidenza con la toponomastica cittadina. Risaliamo la collina che porta alla caratteristica chiesa Hallgrimskirkja, un moderno edificio con nella piazza antistante la statua di un vichingo che sembra domare la prua di un vascello. Un solenne ma affascinante suono di organo riempie la bianca e nordica navata; i potenti raggi solari bucano le finestre creando un ambiente quasi surreale. Tutta la città è tenuta in modo impeccabile, con fiori e aiuole che sembrano ricamati; non un mozzicone o una carta a terra, sembra di essere in un altro pianeta. Non so se mai vivrei qua, ma l’atmosfera è oggettivamente di una tranquillità disarmante. La nota dolente riguarda il cibo. La scelta è davvero ristretta e molto costosa; gli islandesi sembra che abbiano ereditato dalla storica ex base militare americana le peggiori abitudini alimentari. I pranzi tipici infatti sono veloci e fatti da hamburger o hot dog; la mancanza di piatti mediterranei e soprattutto la necessità di importare quasi tutto il fabbisogno di verdura e frutta, scoraggia anche sotto il piano economico una dieta variegata. Ecco che quindi ci troviamo zuppe sempre arricchite di panna da cucina e il burro che accompagna ogni pietanza. Capisco subito che saranno due settimane tremende per il mio rigore alimentare.

La sera, e qui praticamente dura buona parte della notte, la città s’illumina e la gente si riversa nelle vie del centro. Siamo all’inizio del fine settimana e il famoso “runtur”, ovvero il giro dei pub, è un rito tra tutti i giovani islandesi. Non c’è delinquenza o sporcizia, ma non toglietegli il weekend e le sue bevute; caroselli di auto inondano le piccole vie del centro storico, mentre i ristoranti e i bar esibiscono tutti i tavoli pieni. Per un Paese che deve passare sei mesi praticamente al buio, immagino che l’estate rappresenti il periodo che vada vissuto fino in fondo. Seconda giornata dedicata in buona parte al “whale watching”; giornata splendida e calda, perfetta per un giro in barca. Le foto ritraggono cetacei e che volteggiano sulle onde, speriamo bene. Usciamo dalla baia della capitale con le montagne e soprattutto la penisola di Snaefellsness sullo sfondo; un colpo d’occhio notevole, soprattutto mi dà un’anteprima di ciò che andrò a visitare nei prossimi giorni. Il mare calmo aiuta notevolmente l’allegra scampagnata; credo che dalle parti del circolo polare nei giorni di cattivo tempo non dev’essere piacevole prendere il largo. Avvistiamo senza troppa difficoltà un gruppo di balene che ad intervalli regolari risale in superficie, prima di inirnergersi per tornare a mangiare. Onestamente di evoluzioni o pinne al vento, non ne ho viste. Ma del resto perché offrire spettacoli gratuiti e poi essere uccise in barba al pericolo di estinzione. La loro vista è un esperienza comunque emozionante, ma per noi qualcosa di già visto ai tempi del New England americano. Rientriamo in porto giusto il tempo di rintanarci in un piccolo pub e di farci servire la famosa “soup of the day” che è un must in ogni locale islandese. Zuppe di agnello, che sinceramente non vado matto, oltre a ottime zuppe vegetali o di aragosta; col passare del viaggio imparerò ad apprezzarle e a cercarle, perché il miglior piatto per scaldare il fisico dopo ore di escursioni sui ghiacciai. Domani ultimo giorno di Reykjavik, ma interamente dedicato all’escursione in Jeep al remoto ed affascinante Landmalaugar. Pochi giorni a Reykjavik, ma sufficienti per entrare nell’idea del Paese che sto per andare a visitare; un luogo rigoroso, fatto di contrasti paesaggistici notevoli.

  giottoGiotto

 

   
   
 
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The Hallgrimskirkja, Reykjavik - Iceland
The Hallgrimskirkja, Reykjavik - Iceland
The viking boat, Reykjavik - Iceland
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The Hallgrimskirkja, Reykjavik - Iceland
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