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Koh Lanta, Thailand
Thailand flag Thailand

Koh Lanta

 
Latitude - 7° 36' 43'' N
Longitude - 99° 01' 51'' E
 
"Il futuro sembra sempre lontano ma avanza rapidamente: occorre prendersi tempo per essere felici, prima che sia troppo tardi"
Sergio Bambaren
   
February 2010

Koh Lanta, l'isola dei tramonti

soundtrack: Eye in the Sky, Alan Parsons Project - 1982
 

Chapter

Il fattore bagaglio può cambiare le sorti di una vacanza, soprattutto se non dovesse arrivare a destinazione. Mentre il traghetto lambisce la splendida Railey, mi chiedo ancora che giro la valigia abbia fatto per poter arrivare in tempo a Krabi. Ma è meglio fare un passo indietro. Il tempo a Milano non è bello, con un cielo che più grigio non potrebbe essere; ma non importa, tra poco c’imbarcheremo con la Emirates in direzione Thailandia. Una seconda volta in due anni? Si, perché è un luogo che coniuga alla perfezione tanti elementi che ne fanno un Paese davvero del “sorriso”. Fuori nel frattempo una noiosa pioggia si è trasformata in una leggera nevicata, ma non è un problema perché ci stiamo imbarcando e tra poco saremo in aria. Noto con piacere che la leggera nevicata si sta trasformando in una bella bufera, ma soprattutto la pista di decollo comincia a scomparire col passare dei minuti. Proprio mentre abbandoniamo l’hub, il capitano c’informa che dovremo fare una breve sosta per lo sbrinamento delle ali. No problem, visto che a Dubai ho quasi quattro ore di stop. Peccato che il nostro aereo questo processo di sbrinamento lo effettui poi altre due volte nell’arco delle ore successive. E’ finita penso senza troppa filosofia e bon ton, iniziamo bene il viaggio; già mi vedo a litigare con il desk della Emirates per capire come e quando raggiungere l’agognata meta. La telecamera posta sul muso dell’aereo che trasmette su tutti i video dei sedili è impietosa; riprende in tempo reale la visuale del comandante, ovvero un enorme ed uniforme coperta di neve bianca. Ma ecco il miracolo, o la pazzia. Proprio mentre le hostess servivano l’ennesimo succo d’arancio, con buona pace della gastrite dei viaggiatori, l’aereo si allinea con la pista senza tanti preavvisi. Un breve e incomprensibile messaggio del capitano a tutti i presenti e via, tutti inchiodati ai sedili, inservienti esclusi visto che a fatica provano a raggiungere i loro posti. L’aereo che scoda un po’ e tutti noi con gli occhi a quella striscia bianca e semi illuminata, questa è l’ultima immagine che ho di Milano. Per fortuna recuperiamo poi un’ora in volo, mentre a Dubai le buone gambe mi aiutano a cambiare gate in poco tempo, anche perché l’imbarco per Bangkok era già iniziato. Quindi vedere quei due bagagli sul cigolante nastro dell’aeroporto di Krabi, dopo quasi un giorno di viaggio, devo ammettere che è una gran iniezione di fiducia.

La prima notte ad Ao Nang non riserva molto, se non spacchettare un paio di bermuda e le infradito; e la cosa non è da poco visto che poche ore prima combattevo con neve, sbrinatori e gastriti varie. Lo svenimento è assicurato, domani finalmente si comincia la vacanza. Già a colazione realizziamo che la vita sta ricominciando; profumo di buganville, magnolie e orchidee inondano tutta la terrazza del breakfast; il sole mattutino già pizzica le nostre braccia bianco latte, mentre lo spettacolo della spiaggia di Ao Nang cancella da subito tutto lo stress degli ultimi mesi. Ma qua siamo di passaggio, il traghetto tra poco ci porterà a Koh Lanta. La scelta di quest’isola devo ammettere è nata dopo un bell’articolo, mi sembra attorno a novembre ’09, sul mensile di viaggi “Dove”. Foto che ritraevano un’isola Thai ancora non sfigurata come altre località vicine, con la natura che riesce ad essere il personaggio personale; insomma volevamo un po’ uscire dalle rotte classiche per poi proseguire un poco verso sud. L’obiettivo era di andare a Koh Lipe, ma ci hanno suggerito che i traghetti verso l’estremo sud sono inaffidabili o inesistenti (poi sul posto ci siamo accorti, purtroppo, dell’esatto contrario); poco male, da fare ne abbiamo davvero tanto. Giornata splendida, anche troppo per la nostra carnagione da “visi pallidi”. In poco più di un’ora sbarchiamo nel porto di Ban Sala Dan, un groviglio di palafitte costruite nel canale che divide le due isole di Koh Lanta Noi e Koh Lanta Yai. Il tempo di toccare terra e un nugolo di ragazzi si lanciano, catalogo in mano, alla caccia di potenziali clienti per tours, camere o anche un semplice taxi. Dopo venti minuti che attendo il mio trasporto, che poi non verrà, mi accorgo di avere incollato un gentile tailandese che manco fosse la mia coscienza mi bombarda di messaggi subliminali quali “tuk-tuk” o “taxi”. Alla fine risulterà molto gentile perché riesce ad “imbarcarci”, sul pulmino di un hotel limitrofo. E’ sempre disarmante quanto si prodighino nell’aiutarti, senza davvero reclamare alcunché; così ogni piccolo contrattempo sai benissimo che si risolverà senza troppi problemi, il che ti fa sorridere in ogni frangente. Ho una brutta abitudine, quella cioè di paragonare l’Italia ai luoghi dove viaggio; senza soffermarmi tanto sulla bellezza del nostro patrimonio artistico o sulla varietà della cucina, devo ammettere che la vivibilità del nostro Paese è paurosamente scemata rispetto a luoghi che anni fa non avrei mai preso neppure in considerazione. E così, con questo eterno bilancino mentale, mi accomodo nel furgoncino.

La strada principale non ha traffico, giusto qualche pulmino che fa la spola tra il porto e gli hotel, per il resto solo qualche turista in scooter; finalmente un po’ di pace. Arriviamo in pochi minuti al nostro resort, il Rawi Warin; l’impatto è davvero notevole. Elegante, riservato, immerso totalmente nella natura, ma al tempo stesso adagiato sulla spiaggia. Ci portano con un veicolo elettrico fino alla nostra camera, appollaiata sulla collina; la vista dalla camera è mozzafiato, con il mare proprio sotto di noi. Il tempo di sistemarci, di noleggiare per tutta la settimana lo scooter e via subito in strada. I primi giorni li dedichiamo all’esplorazione dell’isola, veramente grande; ma avere l’albergo proprio a metà strada tra il porto a nord e il parco naturale a sud risulterà molto comodo. Infatti in poche decine di minuti riusciamo a raggiungere ogni angolo di Koh Lanta. Il paesaggio lungo la strada è prettamente rurale, con fattorie e semplici case nascoste un po’ ovunque dalla giungla che sembra sempre sul punto di riappropriarsi dell’isola. Si nota subito, rispetto a Koh Phuket, una popolazione ancora non sottomessa dai grossi resort internazionali, dove cioè le guest house e i ristorantini improvvisati sono ovunque. Koh Lanta trasmette un senso di genuinità della Thailandia; dove Phuket annoverava delle bellissime spiagge, ma però denotava un’eccessiva cementificazione del territorio, Lanta ancora ha i ritmi lenti della Thai di tanti anni fa. Con i suoi negozi di batik, i tanti pittori che espongono ai bordi della strada o gli artigiani che lavorano abilmente il tek, sembra di essere in un microcosmo molto bohemien. La parte più caratteristica è indubbiamente la costa est, fatta di vecchi villaggi di pescatori, qualche taverna nascosta dalla fitta vegetazione che lambisce le spiagge e panorami da togliere il fiato. Si, perché tutta la baia compresa tra la terraferma e Koh Lanta è costellata da piccole isole e da ripide falesie che fanno sembrare il paesaggio quasi di fantasia. Dal molo della Old Town è facile ed economico noleggiare una long tail boat e fingersi un naufrago sulle bianchissime spiagge di Bu Bu Island. Ma il panorama più bello lo si gode dai due ristoranti panoramici lungo la deviazione che parte dalla spiaggia di Hat Khlong; ovviamente parlo di semplici strutture fatte di bamboo e paglia che sono ancorate alla giungla. La vista è notevole, soprattutto se si va a pranzo e anche il cibo è davvero meritevole. In materia di cibo, Lanta ha davvero dei bei locali. Il BarAcuda, il Same Same but Different o anche il Miami esibiscono dell’ottimo pesce; ma soprattutto permettono cene in riva al mare o addirittura sulla spiaggia fornendo anche delle strutture originali e mai scontate.

Soprattutto il Same Same a Lanta è una vera istituzione; adagiato nelle vicinanze della splendida Nui Bay e sotto l’esclusivo Pimalay Resort, è un bar ricavato tra la folta vegetazione della spiaggia. Il legno dell’arredamento proviene dal mare, caratterizzando il locale come un vero e proprio rifugio. La particolarità di tutte le spiagge di Lanta è che sono quasi deserte; i resort e lodge sono ancora relativamente pochi, permettendo alla natura di avere un ruolo di primo piano. Lanta rappresenta anche un’ottima base per escursioni in giornata; a parte la deserta Bu Bu Island, esistono tours che con barche veloci permettono di raggiungere il complesso di isole di Koh Rok, oppure le spiagge dell’idilliaca Koh Ngai o anche brevi (e per me inutili) toccate e fuga a Phi Phi Island. La nostra permanenza di una settimana devo dire che è stata sufficiente, soprattutto perché non abbiamo fatto molte gite in barca; infatti avremmo, nel proseguo del viaggio, visitato con relativi soggiorni sia Ngai che Phi Phi. Quando lascio un’isola mi piace fare un bilancio, capire cioè cosa mi ha lasciato o cosa mi sarei aspettato. Lanta mi lascia un senso di estrema pace, dove il verde della giungla si mischia perfettamente con il mare color smeraldo; l’assenza di traffico o di troppi turisti regala la sensazione di avere il controllo sull’isola, nel senso di organizzarsi senza troppa fretta al mattino. Altre isole precedentemente visitate, imponevano comunque un minimo di programmazione, onde evitare il rischio di non trovare posto in escursioni o locali. Qui è tutto molto easy, ma del resto è per questo che la considerano uno degli ultimi rifugi hippie del Mar delle Andamane. Non so quanto durerà questa tregua del cemento, anche perché viene considerata la futura Phuket. Intanto noi ci godiamo un altro tramonto d’autore.

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Koh Lanta - Thailand
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