| 
	  
           
        Quando iniziai a progettare  questo viaggio, inizialmente avevo ipotizzato di percorrere un cerchio che  partiva e finiva da Phoenix; ma che abbracciava il sud dell’Arizona con Tucson,  sconfinava a White Sands e risaliva tutto il New Mexico. Punto saliente era  l’esclusione in toto dello Utah. Ma si sa, gli itinerari sono fatti apposta per  essere stravolti continuamente; anche perché progettare un viaggio rappresenta  un buon trenta percento del divertimento stesso della vacanza, quindi non avrebbe  senso indovinare il tutto alla prima volta. Cominciai ad inserire qualcosa  dello Utah, fino a dividere il viaggio quasi tra Utah e Arizona; ma tra i tagli  ho voluto conservare le due cittadine del New Mexico, Santa Fe e Taos. Forse  per accontentare la morosa, forse per la voglia di andare oltre, ho fatto di  tutto per conservare queste due tappe. Col senno di poi sono contento della  scelta; dopo tre settimane di escursioni più o meno avventurose, qualche giorno  di civiltà non fa male. Taos si è rivelata una bella, piccola, realtà;  ovviamente un paio di notti sono più che sufficienti. Stesso tempo l’ho  riservato a Santa Fe; ma per raggiungerla ho preferito seguire una via più  tortuosa, ma tra le più emozionanti di tutto il sudovest, la leggendaria High  Road. Si parte da Taos e come prima tappa si arriva a Ranchos de Taos, poche  miglia a sud lungo la highway 68. Ex fattoria adibita a rifornire di viveri  alimentari Taos, ora è tutta raccolta attorno alla sua plaza (non asfaltata)  dove s’incontra la bella chiesa della missione di San Francisco de Asis. Tutta  costruita in stile Adobe ai tempi della rivoluzione americana, è una struttura  ottimamente conservata e soprattutto molto frequentata. In questo viaggio mi  sono accorto di come il sentimento religioso, indipendentemente dal credo, sia  molto diffuso nel sudovest dell’America; ma questo non significa fanatismo, ma  semplice devozione e rispetto.  
        Arriviamo proprio mentre è in corso una funzione  religiosa; la chiesetta trabocca di fedeli, tutti vestiti a festa con i  classici colori sgargianti messicani. E’ sempre curioso constatare come tutte  le chiesette del New Mexico siano caratterizzate al loro interno da stravaganti  ed appariscenti oggetti votivi. Nella plaza è bello rubare qualche scatto alle  caratteristiche case con i grappoli di peperoncino rosso e verde che si  stagliano sulle porte azzurre; l’effetto cromatico è sorprendente. Riprendiamo,  anzi cominciamo, la nostra marcia sulle verdi e boscose montagne Sangre de  Cristo; lungo il tragitto sembra di essere più sulle Alpi che non nel torrido e  secco New Mexico. Infiniti boschi fanno da cornice alle vette appuntite, mentre  bellissimi prati colorati invogliano a stendere un telo e schiacciare un  pisolino; e a dire il vero una felpa sulle spalle non è mai fuori luogo.  Passiamo veloci al bivio che da un lato congiunge la località sciistica di  Sipapu con Picuris Pueblo, il nostro primo stop e Las Trampas. Paesino  “gemello” di Truchas, conserva una bella chiesa tutta dipinta di bianco e  costruita in classico stile adobe. Edificata intorno alla metà del  millesettecento e dedicata a San Josè de Gracia evoca un senso di pace e  quiete. A dire il vero tutta l’high road è un luogo molto solitario e per un  certo verso mistico, data la presenza di tanti pueblo con la loro relativa  chiesetta. E’ una zona molto amata dagli americani, e li comprendo; ovvio che  se girassero tra i bianchi pueblo dell’Andalucia o tra i colli della Romagna e  Umbria sverrebbero dalla bellezza. Ma per loro è qualcosa di assolutamente  unico in tutta l’Unione. Ci rimettiamo in marcia sull’high road; lungo il  percorso sono ben indicati numerosi vistapoint che offrono vedute emozionanti  su tutta la Rio Grande Valley. Un insieme di colori e di spazi immensi, questo  è quello che invidio agli americani. A metà del nostro tragitto verso Santa Fe  ci fermiamo nel paesino di Chimayo; avvolta nel bosco e nella più assoluta  quiete, e soprattutto nella nostra più assoluta ignoranza apprendiamo come il  suo santuario (nel barrio di El Potremo) sia una piccola Lourdes americana.  
        Ci  avviciniamo a piedi al cancello del complesso religioso, accolti da alti  cespugli fioriti e da molta gente raccolta a pregare; non è proprio il luogo  ove mettersi a scattare foto a destra e a manca. Caratteristica del santuario è  un piccolo pozzo, la cui fonte ormai asciutta si pensa abbia proprietà  curative. C’è da dire che l’interno della chiesa e tutto il giardino è qualcosa  di incantevole; sarà per il silenzio e   per i colori dei prati fioriti, oppure per le dolci linee degli adobe, o  per l’atmosfera mistica, ma il santuario trasmette calma e pace. Ormai manca  davvero poco aSanta Fe; in lontananza s’intravede l’highway che lentamente si  avvicina all’high road.Attraversiamo gli ultimi pueblo, scendendo a valle.  Anche la temperatura gradatamente si rialza; ma   ad essere sinceri, aRimini in  estate è molto più caldo e afoso. All’orizzonte, sotto le poche nuvole nel  cielo di mezzogiorno, cominciamo ad intravedere il profilo della città mentre  il cartello “Santa Fe” ci dà il benvenuto. 
 
 
          
            |   | 
            giotto  | 
           
		  
           
        
        
              
                   |