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Soussousvlei, Namib Desert - Namibia
Namibia flag Namibia

Namib Desert
Soussousvlei Dunes

 
Latitude - 24° 36' 53.40'' S
Longitude - 15° 42' 11.62'' E
 
"in the desert you can remember your name cause there aint no one for to give you no pain"
america
   
september 2008

namib, esplorando le curve di un dipinto

soundtrack: sANVEAN, LISA GERRARD - 1995
 

ChapterLasciamo a malincuore il Bagatelle Game Ranch e l’affascinante deserto del Kalahari. Si è rivelata una tappa importantissima, perché ci ha permesso di entrare in contatto, senza traumi, con i paesaggi e la fauna namibiana. Molti viaggiatori, ad esempio, preferiscono intraprendere un giro antiorario, quindi anteponendo il Parco Nazionale Etosha; ma nel nostro caso, alla prima esperienza nell’Africa vera, sarebbe stato quasi uno shock, appena sbarcati dall’aereo, calarsi in dei safari self drive. Se avessimo avuto più giorni a disposizione – e già ne abbiamo tanti rispetto a quelli che propongono i tour operators nei giri preconfezionati – avrei voluto apprezzare le bellezze del Fish River Canyon, al confine con il Sud Africa, o ammirare la città fantasma vicino a Luderitz. Ma l’antico adagio, “meglio vedere meno, ma viverlo” è sempre da tenere a mente nella progettazione degli itinerari. Un veloce controllo a carburante, liquidi e pressione dei pneumatici, e direi che possiamo rimetterci in marcia verso la prossima meta. E’ buona norma, quando è necessario effettuare un trasferimento, partire molto presto al mattino; una foratura, qualche imprevisto legato al passaggio di un animale sulla strada o la rottura del parabrezza, sono tutti eventi all’ordine del giorno in Namibia. Quindi cerchiamo di portare in dote qualche ora extra, visto che dobbiamo percorrere quasi 400 km. Con tanta gioia di Barbara la strada corre dritta e soprattutto asfaltata fino al minuscolo paesino di Maltahohe. Qualche casa, un paio di distributori di carburante e un negozietto che vende dolci fatti in casa; intorno a noi solo vetture a noleggio, è evidente che ci troviamo in un punto di transito turistico obbligato. Dobbiamo infatti raggiungere Sesriem, piccolo centro adagiato all’entrata delle dune di Soussousvlei e incastonato nel Parco Nazionale del Namib – Naukluft. La strada è molta e non ci sono più posti di servizio fino alla meta, quindi un generale controllo del mezzo è essenziale. Stranamente il cellulare ha abbastanza campo per chiamare; non ci ha ancora abbandonato da quando siamo sbarcati dall’aereo.

Appena fuori Maltahohe finiscono gli agi; la strada, sempre che possa essere chiamata così, si trasforma in una pietraia. E’ importante mantenere un’adeguata distanza dai veicoli che ci precedono; i sassi sotto i pneumatici dentati delle Jeep potrebbero trasformarsi in proiettili che incrinerebbero fanali o parabrezza. Ma ci accorgiamo subito che questo problema quasi non sussiste; siamo soli, non si vedono vetture né in un senso di marcia né in quell’altro. Abituati al traffico stradale europeo, il salto è davvero notevole. Anche le poche stazioni radio, con musica folk africana, ci abbandonano; stessa sorte tocca all’ultima tacca di segnale del cellulare. E’ ufficiale, ora siamo veramente soli, ma in fondo non era quello che cercavamo? Guardo la strada scorrere negli specchietti retrovisori mentre la mia auto sembra una navicella lanciata nel vuoto, con una scia di fumo che si alza in cielo; mi ricorda quei documentari dove alcune vetture sfrecciano su laghi salati. Ma qui non corriamo assolutamente e anzi tengo gli occhi ben attenti nell’evitare buche, dossi, pietre troppo grosse o acuminate, anche se la nostra Nissan scoda ad ogni avvallamento. E’ come se fossi alla prima lezione di scuola guida, ma è tutto così emozionante. Il paesaggio è intanto mutato radicalmente dal dolce deserto del Kalahari fatto di soffici colline di sabbia rossa e di bush giallo paglierino; come in un immenso teatro, cambia la scena attorno a noi. Alla nostra sinistra si stagliano le montagne del Nubib, e in mezzo la più vasta riserva naturale privata del paese, la Namib Rand Nature Reserve. Sembra un quadro fiammingo, appena dipinto data la vivacità del verde, del rosso e del blu; le alture diradano morbide sulla pianura, creando effetti cromatici diversi ad ogni altitudine. Sembra tutto vicino, ma la catena montuosa è probabilmente a non meno di qualche decina di km da noi; ai suoi piedi c’è uno dei più eleganti resort di tutto il continente, il Wolvedans. Ma strutture così rinomate e qualitativamente preparate, hanno tempi di prenotazione biblici; però dormire in una delle sue ville con le stelle a vista, grazie al soffitto trasparente, deve essere un’esperienza notevole.

La Namibia è una nazione recente, che ha ottenuto l’indipendenza nel 1990 dopo un secolo di colonialismo europeo e un quarto di secolo di guerre civili. Ma il Governo namibiano ha cercato – e sembra esserci riuscito – di investire molto nel settore turistico, ma senza cedere in facili e imprudenti cementificazioni; ha capito il valore dei propri paesaggi e della propria fauna, sancendo la tutela ambientale a livello di Costituzione. Ecco perché l’obiettivo namibiano di turismo eco sostenibile ha portato alla creazione di pochi posti letto, il più delle volte mai a buon mercato, ma in strutture che si integrano in modo ottimale con il territorio. Organizzare un viaggio in Namibia diventa quindi un lavoro di attenta programmazione e va effettuata molti mesi prima della partenza; ma questo assicura un tasso di esclusività alle visite, senza mai essere vittime di folle di visitatori. La strada continua ad offrirci paesaggi fantastici, regalandoci delle viste mozzafiato dal Tsarishoogte Pass; resta il fatto che è da un paio d’ore che guido, ma di altre vetture ne ho viste davvero poche. Il territorio circostante intanto muta sempre più radicalmente; tagliando in due il parco di Namib – Naukluft vediamo in lontananza delle formazioni di colline tondissime, avvolte nella foschia del mattino. Paesaggi surreali, suggestivi e al tempo stesso misteriosi; ci chiediamo continuamente quali animali feroci possano popolare le terre a pochi metri dal nostro veicolo. Ora capisco il consiglio datomi prima di partire da una guida italiana che opera nell’Africa del Sud: non calcolare mai le distanze in km, ma in ore. Sembra una sottigliezza, ma davvero qui le ore alla guida scivolano via una dopo l’altra; fermarsi per fare delle foto, rallentare perché il terreno si fa troppo duro, qualche guado più impegnativo, senza nominare danni o rotture al veicolo, tutto influisce sul tempo di percorrenza indipendentemente dal chilometraggio necessario. A volte veniamo investiti da raffiche di vento che scuotono la povera Nissan; in Africa tutto è potente, grande, come se la natura fosse al suo stato originario. Finalmente in lontananza intravediamo le prime dune rosse, quasi un miraggio dopo quatto ore di navigazione in mezzo al più bel nulla che abbia mai osservato. Il problema, come sempre, è ora quello di trovare la deviazione al nostro lodge; ma anche qui le indicazioni sono perfette e un cartello mi evidenzia anche i km mancanti dalla strada principale fino al resort: 14 km!

Rimango sempre più basito dalle distanze astronomiche della Namibia; devo praticamente fare un viaggio dentro alla tenuta del Kulala Wildlife Resort per raggiungere la reception, e credo le adiacenti camere. Con grande “gioia” la stradina privata è in condizioni pessime obbligandomi a fare mezz’ora di slalom tra macigni e buche, ma il paesaggio è da pelle d’oca. E’ inconcepibile per un europeo pensare di poter comprare un lotto comprendente un paio di vallate e una porzione di catena montuosa; qui si può. Attorno a noi pascolano liberamente mandrie di orici, struzzi, zebre. L’arrivo al lodge può assomigliare molto al primo sbarco dell’uomo sulla Luna; il resort è bellissimo, costituito da due grandi strutture in muratura, col tetto a cono in paglia scura, che si nascondono a meraviglia con la cornice di dune rosse tutte attorno a noi. Sui due lati del lodge, ci sono una decina di eleganti chalet che volgono lo sguardo verso ovest, ovvero in direzione Soussousvlei e soprattutto tramonto. Rimaniamo basiti, ci sentiamo davvero degli ospiti d’innanzi a tanta bellezza; la cortesia del giovane personale del Kulala ci sembra genuina, spontanea. Gli chalet sono molto “selvaggi” nel loro arredamento, ma rendono davvero l’idea di essere in un altro mondo. Una piccola scala in legno, appoggiata all’esterno dello chalet, permette di accedere privatamente al proprio terrazzino dove nei mesi più caldi si può chiedere di dormire, ovviamente contemplando le stelle; direi non male. Il primo pomeriggio lo passiamo oziando sotto alla veranda, sorseggiando un thè e mangiando dei biscotti fatti in casa; la vista delle dune, che col passare del tempo si accendono di tutte le tonalità del rosso, sembra surreale. Seduti e riveriti in piena Africa ad osservare il tramonto sulle dune, certo che avevo un’idea molto più problematica di questo viaggio; non ho mai sperimentato tanto relax e quiete come in questo continente, e di viaggi ne ho fatti abbastanza. La cena, raccolta attorno al grande camino, è un momento di aggregazione con gli altri pochi ospiti della struttura; il servizio, come il cibo è sempre molto ricercato, come anche l’atmosfera fatta di candele e musica lounge. Ero partito con l’intenzione di fare la “campagna d’Africa” con annesso coltello tra i denti, e invece mi ritrovo a sorseggiare una tisana calda sotto il cielo stellato del deserto del Namib, se lo racconto non ci crede nessuno.

La sera è per me il momento più bello qui in Namibia; la temperatura cala rapidamente, obbligandomi ad indossare una felpa. L’aria fresca, ma secca unita ad un inquinamento luminoso prossimo allo zero offrono una visione impareggiabile delle stelle; la Via Lattea è veramente un fiume bianco in mezzo al firmamento. In pochi giorni ci si disintossica da quotidiani, computer e televisione; mi accorgo di come non siano necessari alla vita quotidiana; non abbiamo con noi navigatori satellitari, ma una mappa ben dettagliata e una bussola: non serve altro, oltre a un po’ di esperienza e tanto buon senso per girare la Namibia. Il secondo giorno al Kulala inizia all’alba, dato che abbiamo riservato un tour alle dune di Soussousvlei con guida privata; forse il prezzo non a buon mercato del tour, forse perché parte alle cinque del mattino, ma ci troviamo in quattro persone nella eterna Jeep Defender. Il pregio del Kulala è di essere il resort più vicino alle due e di avere un accesso privato alle stesse; questo permette di risparmiare circa quaranta minuti di strada, che a quest’ora poi sarebbero totalmente al buio. Il difetto del Kulala invece è che per poter usufruire del suo “gate” privato bisogna necessariamente partecipare ad un tour del lodge, quindi a pagamento. Appena partiti per il tour ammiriamo una coppia di mongolfiere alzarsi in volo e creare delle immagini da cartolina mentre si stagliano sopra le dune con il sole alle loro spalle. La strada, asfaltata da poco, che corre verso il centro di Soussousvlei non è altro che un vecchio letto di fiume asciutto; ad esempio nel 2000, un’eccezionale stagione delle piogge proiettò in modo quasi surreale centinaia di papere e fenicotteri sulle creste delle dune; ma fu un caso eccezionale. Se si esplorasse con Google Earth quest’area, Soussousvlei assomiglierebbe ad un delta di sabbia in mezzo ad un mare di dune; la curiosità è che il mare dista, in linea d’aria, poche decine di km. Ai lati della strada rimaniamo sbigottiti dalle dimensioni delle montagne sabbiose; si arriva a qualche centinaio di metri, da non credere. Anche se l’appellativo di Stato con le dune più alte del pianeta è sbagliato; la guida ci confida che l’Arabia Saudita ospita tale record. Il paesaggio è tremendamente fotogenico e verrebbe voglia di fermarsi continuamente; ma la luce al mattino, non mi sembra la migliore per queste dune.

L’inclinazione della luce crea degli effetti cromatici unici, esaltandone il contrasto delle ombre. Un piccolo parcheggio sancisce l’inizio della parte stradale sabbiosa; da qui in avanti – 5 km – si può proseguire solo con un 4WD, ancor meglio se con pneumatici leggermente sgonfiati, oppure si attende il trolley a pagamento che ad intervalli regolari traghetta i turisti al “vlei”. Sono circa 65 km dal cancello ufficiale del parco a Sesriem – una ventina in meno dal cancello del Kulala – e l’ingresso è ammesso dall’alba fino al tramonto, pena un sanzione al momento dell’uscita. Il che mi fa pensare come sia mai possibile poter effettuare degli scatti al mattino presto o in tarda serata; forse l’unico modo è di aggiungerci a qualche tour, o appunto avere un ingresso intermedio che ci permetta di sostare più a lungo. Soussousvlei è un grandissimo pan, dove il vento dell’oceano ha spostato montagne di sabbia modellandole continuamente; è un luogo di una bellezza inaudita, che a prima vista potrebbe sembrare inospitale per ogni forma di vita. Ma non è così, grazie alla foschia mattutina – e quindi alla sua umidità – che arriva dal mare fino alle dune. L’immagine della Namibia all’estero è indissolubilmente legato a queste meraviglie naturali, per questo resta un luogo con un discreto afflusso turistico. Ma l’area è talmente vasta che, con un po’ di accortezza, si può scalare una duna e rimanerci da soli ad ammirare questo mare rosso infinito. Il silenzio è quasi assordante, interrotto solo da qualche colpo di vento che alza sulle creste delle dune dei pennacchi di polvere rossa; indescrivibile. Alla base delle dune, ben nascoste come piccoli tesori, ci sono piccoli pan - dai nomi inquietanti come “dead vlei” o misteriosi tipo “hidden vlei” – costellati di scheletri di acacie; sembrano quasi figure umane pietrificate, con i loro rami scuri che si allungano in tutte le direzioni. Il contrasto con il bianco lunare della terra arsa dal sole è stupefacente; da sola questa escursione vale un viaggio intero. E’ il paradiso per tutti gli appassionati di fotografia, mentre resta uno degli scenari preferiti al mondo per coloro che degli scatti ne fanno un arte o una professione. Arrampicarsi sulle dune è una vera e propria escursione, visto che la sabbia è morbida e l’escursione è di qualche centinaio di metri; ma la vista in cima è sempre impareggiabile e mai uguale, grazie al vento che sposta e modella le forme. Le dune più famose o più turistiche, dove cioè sarà difficile fare foto prive di figure umane, hanno nomi molto californiani come “Big Mama” o “Big Papa”, oppure hanno delle numerazioni come la Duna 45 sita appunto a 45km dall’ingresso del parco.

Un bel pranzo organizzato dalla nostra guida all’ombra di una grande acacia incornicia un’escursione indimenticabile; a tavola è bello ascoltare il nostro giovane accompagnatore raccontarci aneddoti sulla Namibia, sulla sua etnia Herero e vederlo fantasticare su un suo potenziale viaggio futuro in Italia. Rientriamo veramente stanchi ma appagati al lodge nel pomeriggio, giusto il tempo di assaporare una tisana in poltrona mentre lo spettacolo del tramonto si ripete d’innanzi a noi. Oggi è l’ultimo giorno a Soussousvlei, ma la giornata è nuovamente densa di visite. Al mattino ci dirigiamo da soli fuori della proprietà del Kulala, alla volta di Sesriem; dobbiamo ottenere i “pass” per un tour nei pressi di Walvis Bay, la “Welwitschia Drive”. L’appellativo di paesino a Sesriem è veramente un complimento; una tavola calda, un negozio di souvenir, un distributore, un meccanico, un paio di camping e tante indicazioni per i lodge vicini. Decidiamo di farci un paio di sandwich all’unico chiosco presente nel raggio di decine di km; due signore Herero, dentro i loro abiti coloratissimi e con il caratteristico copricapo, curano gli ordini dei clienti da una finestra che dà sul cortile. E’ veramente sorprendente il livello di pulizia in Namibia; non una carta a terra, bidoni sempre in ordine; non mi ricordo chi lo diceva, ma la cultura di una nazione si vede anche attraverso il suo livello di pulizia. A fianco del chiosco, una porticina conduce ad un ufficio – l’unico a dire il vero – dove una ranger rilascia permessi a intraprendere trail fuori strada o itinerari particolari. Una piccola escursione, se si hanno un paio d’ore libere, può essere quella che conduce al Sesriem Canyon; un piccola strada parte dal distributore a fianco della tavola calda e in poche centinaia di metri conduce all’ingresso. Si tratta di un grande slot canyon e con una semplice passeggiata si raggiunge il suo fondo; la parte iniziale è quella che merita di più, forte delle pareti molto ravvicinate che creano begli effetti di luce. Lungo il tragitto si possono incontrare alcuni specchi d’acqua, ma attenzione ad eventuali concentrazioni di insetti. Nell’altra direzione il canyon assume un’ampiezza maggiore, assumendo i connotati di un grande letto di fiume asciutto; belle alcune formazioni rocciose a doppio arco, ma oltre a questo nulla di più. Avevamo la mattinata a disposizione e così ci siamo avventurati, ma se il tempo è tiranno destinatelo ad altro.

La strada che ci riporta al Kulala è qualcosa di unico; la facemmo il giorno del lungo trasferimento dal deserto del Kalahari, ma eravamo obiettivamente troppo stanchi per apprezzarne tutte le peculiarità: è come essere d’innanzi ad un dipinto, i colori si spengono e riaccendono al passaggio di una solitaria nuvola mentre un piccolo gruppo di orici ci osserva curioso da lontano. Torniamo al lodge giusto in tempo per prenotarci per un tour guidato al tramonto. Fortuna, o prezzi elevati, ma questa volta siamo gli unici partecipanti al tour; la guida decide quindi di farci fare un giro totalmente personalizzato. Io gli chiedo di portarmi dove lui ritiene che ci siano panorami unici, possibilmente fuori dai circuiti turistici classici. Inizia a traghettarci su alcune dune più interne, dalle quali la vista è a dir poco emozionante; mentre la sera comincia ad avanzare e i grossi tour marciano alla volta dell’uscita, noi ci godiamo la solitudine più assoluta di Soussousvlei. Senza rumore di vetture cominciano a riaffiorare piccoli gruppi di struzzi, orici e sciacalli, come se finalmente solo a quest’ora riuscissero a riappropriarsi delle loro terre. Il gran finale lo facciamo ai piedi di una collina del parco del Namib – Naukluft; questo è il luogo che la nostra guida preferisce più di tutti. Gentilmente allestisce un piccolo aperitivo mentre il sole si immerge dietro le dune; il cielo d’incanto s’incendia enfatizzando i pochi cirri in cielo. Il blu del cielo diventa quasi nero dietro di noi, mentre le stelle pulsano nitide; comincio a scattare foto in sequenza, ma so bene che certe emozioni restano tali solo per chi è presente. In questi momenti riesco a capire perché la Namibia sia considerato uno dei Paesi paesaggisticamente più affascinanti del pianeta. L’unica mia paura è che a vedere questi panorami tutti i giorni, poi si rischi di non apprezzarli più strada facendo; per poi rimpiangerli una volta a casa. Ma ora sono qua, fatico a trattenere l’emozione mentre il crepuscolo porta con se un vento gelido. Credevo che tre giorni a Soussousvlei sarebbero stati eccessivi, ma con il senno di poi devo ammettere che solo in questo modo si riescono ad apprezzare le meraviglie e l’atmosfera magica del posto.

  giottoGiotto

 

   
   
 
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Soussousvlei - Namib Desert, Namibia
Soussousvlei - Namib Desert - Namibia
Dead Vlei - Namib Desert, Namibia
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Naukluft National Park, Namibia
Naukluft National Park - Namibia
Soussousvlei - Namib Desert, Namibia
Soussousvlei - Namib Desert - Namibia
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Soussousvlei - Namib Desert, Namibia
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Sunrise balloons over Soussousvlei - Namib Desert, Namibia
Sunrise balloons over Soussousvlei - Namib Desert - Namibia
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