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Waterberg Plateau - Namibia
Namibia flag Namibia

Waterberg Plateau

 
Latitude - 22° 30' 18.90'' S
Longitude - 17° 51' 07.80'' E
 
"La natura e' una sfera infinita il cui centro e' ovunque e la cui circonferenza non e' in nessun luogo"
Blaise Pascal
   
september 2008

waterberg plateau, gli ultimi rinoceronti bianchi

soundtrack: storms in africa, enya - 2005
 

ChapterIl parco nazionale dell’Etosha è ormai lontano nei nostri specchietti retrovisori; stiamo scivolando lungo le strade asfaltate del nord namibiano in direzione della riserva del Waterberg. La malinconia di fine viaggio questa volta è immensa; l’Africa – vera – la prima volta che la s’incontra incute molto timore, quasi ponendo un blocco e tenendoci sempre in allerta. Ma mentre gradualmente il tour si snoda ci si accorge della genuinità della terra che si sta esplorando, della spontaneità della gente e della bellezza della sua fauna; e più si va avanti e più si ripercorre a ritroso un percorso che scava dentro la nostra storia, rendendoci familiari tutti i paesaggi che si aprono davanti a noi. Il famoso “mal d’Africa” è una cruda realtà; anche se, come mi suggeriva la nostra agenzia viaggi, è la Namibia che enfatizza il tutto, grazie alla libertà di movimento e alla sicurezza concessa ai visitatori, pregi che molti altri Paesi africani non hanno. Mentre i pensieri su questo viaggio si accavallano, corriamo veloci verso sud attraversando la piccola e verde cittadina di Tsumeb; il paesaggio muta drasticamente a favore di campi coltivati e ben irrigati. Questa zona rappresenta il cuore verde della Namibia; sempre in questa regione, a metà strada con Grootfontein, poteva essere curioso lo stop al grande meteorite di Hoba, ma preferisco arrivare presto a destinazione in modo da sfruttare meglio eventuali tour serali. Ancora un’ora di strada e superiamo Otjiwarongo, altra cittadina del centro nord namibiano crocevia importante per il commercio del Paese. Inizialmente avevo spinto per cercare un alloggio nella riserva ad Okonjima, poco a sud di Otjiwarongo, sede della prestigiosa Africat Foundation.

E’ un’organizzazione famosa in tutto il mondo perché ospita e cura numerosi leopardi e ghepardi vittime di caccia di frodo o semplicemente feriti da agricoltori nell’attacco a capi di bestiame. Ricordo come la Namibia sia il Paese che ospita più ghepardi di tutti al mondo. Una volta che i felini vengono rimessi in salute, sono ricollocati nei loro habitat naturali, possibilmente all’interno di parchi nazionali in modo da non essere un pericolo per agricoltori e per se stessi. Sarebbe stata una bella esperienza risiedere in questa riserva, entrando quindi in contatto diretto con questi felini così rari d’avvistare. Purtroppo il lodge era già pieno da mesi, essendo molto famoso all’estero per le sue attività, ma poco male anche perché l’obiettivo era il Waterberg Plateau comunque abbastanza distante dal primo centro abitato. Già lungo la via principale il Waterberg si staglia nel paesaggio come un’alta mesa tipica dei paesaggi del south west degli Stati Uniti; tutta l’area doveva essere una piccola “monument valley” in epoca passata, data la conformazione dei tanti “butte” nella piana. Svoltiamo a sinistra nella strada che ci condurrà al parco e cominciamo a scorrere tra le alte creste a fianco della strada; pochi km e finalmente abbandoniamo l’asfalto e cominciamo a pattinare sulla compatta terra rossa. L’ingresso del parco è ben indicato, ma al suo interno le camere erano finite; abbiamo quindi optato per l’adiacente e molto bello Waterberg Wilderness Lodge. Come sempre, per arrivare alla struttura principale del complesso, bisogna fare un piccolo “camel trophy”, ma alla lunga è anche divertente doversi “conquistare” la camera. Le camere sono disposte a semi cerchio in piccole villette ai piedi di una conca nel Waterberg Plateau; il paesaggio è davvero suggestivo, arricchito dal piccolo fiume che scorre ad una decina di metri dalla sala principale del lodge.

Tutto intorno a noi alte mese addobbate di guglie in stile Bryce Canyon, e tanti alberi di acacia e soprattutto di jojomba, caratteristico per i suoi fiori col viola acceso. Il silenzio è assordante, se non che a momenti gli urli di qualche babbuino rimbalzi con il suo eco tra le sponde del canyon dove alloggiamo; bellissimo e inquietante al tempo stesso. Ma il Waterberg, oltre che ad essere una specie di biosfera isolata dal mondo, è famoso per ospitare i rinoceronti bianchi, razza ormai ridotta al lumicino. Ci aggiungiamo quindi al tour pomeridiano alla ricerca di questi massicci animali, molto schivi e difficili da avvistare. Due nuovissime jeep aperte ci raccolgono, assieme ad altri pochi ospiti del lodge, alla volta di un’area recintata all’interno della riserva. Ci muoviamo lentamente a causa del fondo impervio, sfiorando termitai immensi che obiettivamente intimoriscono; spesso adagiati sui fusti degli alberi, dopo poco tempo non lasciano della povera pianta che rami secchi. A qualche metro da noi incrociamo un piccolo branco di cavalli che corre libero nel bush; sono immagini abituali da un paio di settimane, sono la normalità che purtroppo so che tra pochi giorni rimpiangerò per anni. La guida locale vedo che si sporge dalla jeep cercando di trovare orme che conducano a qualche esemplare di rinoceronte; infatti è già passata un’ora e abbiamo fatto conoscenza con un gruppo di struzzi molto curiosi, qualche dik dik e uno sciacallo che furbescamente ha intrappolato un piccolo topolino. Rifacciamo a ritroso il giro nella riserva, quando la guida, quasi folgorata da una visione comincia a dare gas dirottando il muso della jeep a zig zag in mezzo ad un bosco di acacie; forse ha trovato qualcosa. E infatti due splendidi esemplari di rinoceronte bianco stanno brucando nel bush, incuranti della nostra presenza; il nostro accompagnatore comincia quindi a decantare le virtù di questi animali, braccati ovunque per quel poco di avorio del loro corno. Estinguere una razza di animali quasi preistorici, pesanti centinaia di chili, solo per tagliargli un corno sul muso è qualcosa davvero di irreale. Ci avviciniamo, e io ovviamente più di tutti; sono ormai davvero ad un paio di metri, quando il rinoceronte alza il muso e abbozza una rincorsa.

Salto indietro d’istinto, ma se non fosse per la guida che con un urlo secco e l’imposizione della mano ne ferma lo scatto, sarei ancora a spasso per il parco sul suo dorso. La natura è così, pensi che ormai l’hai addomesticata e l’ultimo giorno ti trovi un rinoceronte in groppa; mai abbassare la guardia, noi siamo ospiti e quella è casa loro. Anche la guida si sorprende della riuscita del suo stop, il che mi fa pensare che oggi è il mio giorno fortunato. Se un rinoceronte carica, c’è poco da fare; corre a cinquanta km orari e mentre noi dovremmo zigzagare tra gli spinosi cespugli, lui semplicemente li abbatte. A conti fatti è stato un viaggio dove ho davvero visto innumerevoli razze animali, peccato non aver annoverato anche gli ippopotami e i leopardi; ma mentre i primi sono facili da incontrare dalle parti delle Epupa Falls sul fiume Kunene, a nord, i leopardi sono animali altamente solitari e schivi che vivono il più della giornata sui rami di acacie. Rientriamo felici al lodge, non prima di esserci goduti un altro splendido tramonto infuocato, questa volta magicamente incorniciato dalle mese del Waterberg Plateau; sono commosso. Ultima notte con purtroppo la classica operazione di rifacimento della valigia; sembra ieri quando ero in ritardo nella chiusura del bagaglio, con tutte le paure e i timori sulla Namibia. Ora mi piange il cuore andare via; ma qualcuno potrebbe obiettare che a me si spezza il cuore ogni volta che devo ripartire. E’ vero, ma qualcosa come l’Africa non l’avevo mai provato. Si può andare al mare in inverno e non voler rientrare perché si torna al freddo, lo stesso discorso se si va sciare; ma qui è tutto diverso, perché è un’esperienza unica dove quotidianamente ti trovi a lottare contro te stesso, le avversità del territorio, i pericoli della natura; e ogni giorno, ogni volta che superi le difficoltà vieni ripagato da scene, colori, paesaggi, odori unici. Iniziamo l’ultima giornata quasi con il lutto al braccio, è un lento conto alla rovescia al decollo dell’aereo.

Ci fermiamo lungo la strada al piccolo paese di Okahandja, molto famoso per il suo mercato dell’artigianato; ovviamente la mia “signora” non si esime dal comprare i più svariati oggetti, ma in fondo è bello così. Meglio sicuramente comprare dai loro mercatini che da alcuni negozi ormai esclusivamente riforniti di prodotti locali, ma cinesi; da non credere! Senza troppi intoppi giungiamo all’aeroporto di Windhoek dove lasciamo l’auto, preventivamente pulita dentro, come voleva il contratto di noleggio. Il sogno namibiano si spegne inesorabile quando l’agente doganale ci timbra il passaporto in uscita.

  giottoGiotto

 

   
   
 
Mappa
 
photo gallery

Kudu at Waterberg Plateau, Namibia
Kudu at Waterberg Plateau - Namibia
White rhino/rinoceronte at Waterberg Plateau, Namibia
White rhyno/rinoceronte at Waterberg Plateau - Namibia
Waterberg Plateau Resort, Namibia
Waterberg Plateau Resort - Namibia
Sunset over Waterberg Plateau, Namibia
Sunset over Waterberg Plateau - Namibia
Ostrich/struzzo at Waterberg Plateau, Namibia
Ostrich/struzzo at Waterberg Plateau - Namibia
White rhino/rinoceronte at Waterberg Plateau, Namibia
White rhino/rinoceronte at Waterberg Plateau - Namibia
White rhinos/rinoceronti at Waterberg Plateau, Namibia
White rhinos/rinoceronti at Waterberg Plateau - Namibia
Last sunset over Windhoek Airport, Namibia
Last sunset over Windhoek Airport - Namibia